LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 30

 

22 maggio 2016 – SS.ma Trinità

Ciclo liturgico: anno C

 

Gloria al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo:

a Dio che è, che era e che viene.

 

Giovanni 16,12-15     (Pro 8,22-31 - Salmo: 8 - Rm 5,1-5)

                

Ti glorifichi o Dio, la tua Chiesa, contemplando il mistero della tua sapienza con la quale hai creato e ordinato il mondo; tu che nel Figlio ci hai riconciliati e nello Spirito ci hai santificati fa' che, nella pazienza e nella speranza, possiamo giungere alla piena conoscenza di te che sei amore, verità e vita.

 

 

 

  1. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi.
  2. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, viene l'ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio.
  3. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me.
  4. Ma vi ho detto queste cose affinché, quando verrà la loro ora, ve ne ricordiate, perché io ve l'ho detto. Non ve l'ho detto dal principio, perché ero con voi.
  5. Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: "Dove vai?".
  6. Anzi, perché vi ho detto questo, la tristezza ha riempito il vostro cuore.
  7. Ma io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Paràclito; se invece me ne vado, lo manderò a voi.
  8. E quando sarà venuto, dimostrerà la colpa del mondo riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio.
  9. Riguardo al peccato, perché non credono in me;
  10. riguardo alla giustizia, perché vado al Padre e non mi vedrete più;
  11. riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è già condannato.
  12.  
  13. In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: «Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
  14. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
  15. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà.
  16. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà».
  17.  
  18. Un poco e non mi vedrete più; un poco ancora e mi vedrete".
  19. Allora alcuni dei suoi discepoli dissero tra loro: "Che cos'è questo che ci dice: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete", e: "Io me ne vado al Padre"?".
  20. Dicevano perciò: "Che cos'è questo "un poco", di cui parla? Non comprendiamo quello che vuol dire".
  21. Gesù capì che volevano interrogarlo e disse loro: "State indagando tra voi perché ho detto: "Un poco e non mi vedrete; un poco ancora e mi vedrete"?
  22. In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia.
  23. La donna, quando partorisce, è nel dolore, perché è venuta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più della sofferenza, per la gioia che è venuto al mondo un uomo.
  24. Così anche voi, ora, siete nel dolore; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno potrà togliervi la vostra gioia.

 

 

    32. Ecco, viene l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto suo e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
       33. Vi ho detto questo perché abbiate pace in me. Nel mondo avete tribolazioni, ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo!".

    Spunti per la riflessione

    Azzardi

    «Ma secondo te Dio esiste?»

    Il sorriso da furbetto è quello semi-serio che Giorgio usa quando vuole provocarmi ma che, spesso, cela un universo.

    «Glielo chiederemo quando lo incontreremo», rispondo.

    «Questa risposta non me l’aspettavo», replica, soddisfatto.

    No, certo, non possiamo saperlo.

    È una sfida, una scommessa, un azzardo, credere nell’esistenza di Dio. Ragionevole, documentata, motivata, ma pur sempre una scelta. E tale resterà per sempre.

    Ma anche chi nega la sua esistenza sa bene che, la sua, è un’affermazione quantomeno discutibile.

    Oggi, poi, va di moda non porsi il problema, farsi divorare a grossi morsi dalla quotidianità, vivendo come se Dio non fosse una questione importante. Può darsi.

    Resto dell’avviso, come scriveva il grande teorico della storia delle religioni, Max Weber, che chi non si pone il problema di Dio, in realtà, finisce col sostituirlo con idoli ingombranti.

    O, per dirla con maggiore humor britannico, alla Chesterton, che abbiamo smesso di credere e siamo diventati dei creduloni.

    Quale Dio

    Ed è simpatico che questa banda di simpatici paciocconi che è la Chiesa, non quella gossipara dei media e nemmeno quella descritta allo sbando, che si legge sui siti dei cattolici puri e duri, ma quel popolo di Dio santo e in conversione cui il risorto affida la costruzione del Regno, grazie allo Spirito Santo, si ponga la domanda ogni anno mi rincuora.

    Papa Francesco ci ha obbligati al Giubileo, certo che l’idea che mediamente abbiamo di Dio non abbia molto a che vedere con il volto di Dio raccontatoci da Gesù e sarebbe bello, prima o poi, che si compia il passo successivo: riflettere sullo specifico del Dio cristiano.

    Un Dio di misericordia, certo. Ma anche un Dio che è comunione, relazione, festa, famiglia.

    Il Dio demoniaco

    Lo scrivo e lo dico spesso: mi sono convinto che tutti portiamo nel cuore un’immagine di Dio, anche chi crede di non credere. Non sempre bella, sinceramente: un’idea spontanea, inconscia, culturale, legata alla nostra educazione e nutrita da qualche distratto ascolto di predica o di catechismo.

    Dio c’è, certo, ma è incomprensibile, lunatico, inaccessibile. Ti ama, si dice, ma poi incontro Marta che tre giorni prima di sposarsi ha scoperto di avere un tumore in fase avanzata a trentasei anni.

    È onnipotente, ma non difende il bambino venduto per prostituirsi.

    C’è, opera, ovvio. Ma non fa quasi mai il mio bene. Meglio blandirlo Dio, non si sa mai. Meglio trattarlo bene, sperando che non ti capiti una disgrazia.

    E, a dirla tutta, forse io sarei capace di operare meglio di lui e di risolvere qualche bel problemino mondiale.

    L’idea di Dio che portiamo nel cuore, siamo onesti, è mediamente orribile.

    Finché è arrivato Gesù e ha sconvolto le nostre piccole idee di Dio.

    E ne ha parlato come nessuno ne aveva parlato e ha inviato lo Spirito perché, infine, capissimo.

    Il Dio di Gesù

    Gesù ci svela che Dio è Trinità, cioè comunione. Ci dice che se noi vediamo “da fuori” che Dio è unico, in realtà questa unità è frutto della comunione di un Padre/Madre che ama un Figlio e questo amore è talmente intenso da diventare una persona: lo Spirito Santo. Talmente uniti da essere uno, talmente orientati l’uno verso l’altro da essere totalmente uniti.

    Dio non è solitudine, immutabile e asettica perfezione, sommo egoista bastante a se stesso, ma è comunione, festa, famiglia, amore, tensione dell’uno verso l’altro.

    Solo Gesù poteva farci accedere alla stanza interiore di Dio, solo Gesù poteva svelarci l’intima gioia, l’intimo tormento di Dio: la comunione. Una comunione piena, un dialogo talmente armonico, un dono di sé talmente realizzato, che noi, da fuori, vediamo un Dio unico.

    Dio è Trinità, relazione, danza, festa, armonia, passione, dono, cuore.

    Allora finalmente capisco l’inutile lezione di catechismo di quando, bambino, vedevo il parroco tracciare sulla lavagna l’addizione: 1+1+1=1 e disegnava un triangolo equilatero.

    Tenero. Con l’amore medio che un bambino ha per la geometria si era infilato in un bel pasticcio!

    Oggi ho capito.

    Sbagliava operazione. In Dio 1x1x1=1.

    Proprio perché il Padre ama il Figlio che ama il Padre e questo amore è lo Spirito Santo, che noi, da fuori, vediamo un’unità assoluta.

    E a me?

    Se Dio è comunione, in lui siamo battezzati e a sua immagine siamo stati creati; questa comunione ci abita e a immagine di questa immagine siamo stati creati. La bella parabola della Genesi ci ricorda di come Dio si sia guardato allo specchio, sorridendo, per progettare l’uomo.

    Ma, se questo è vero, le conseguenze sono enormi.

    La solitudine ci è insopportabile perché inconcepibile in una logica di comunione, perché siamo creati a immagine della danza.

    Se giochiamo la nostra vita da solitari egoisti non riusciremo mai a trovare la luce interiore perché ci allontaniamo dal progetto.

    Sartre diceva: “L’enfer c’est les autres”, Gesù ci ribadisce: “Siate perfetti nell’unità”.

    E se anche fare comunione è difficile, ci è indispensabile, vitale, e più puntiamo alla comunione e più realizziamo la nostra storia, più ci mettiamo alla scuola di comunione di Dio, più ci realizzeremo.

    La Chiesa, va costruita a immagine della Trinità. La nostra comunità prende ispirazione da Dio-Trinità, guardiamo a lui per intessere rapporti, per rispettare le diversità, per superare le difficoltà. Guardando al nostro modo di essere, di relazionarci, di rispettarci, di essere autentici, chi ci sta intorno capirà chi è Dio e per noi l’idea di un Dio che è Trinità diventerà luce.

    Questo è il Dio che Gesù è venuto a raccontare.

    Quello di cui scommetto l’esistenza.

     

    ___________________________________

    L’Autore

     

    Paolo Curtaz

    Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).

    Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).

    Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.

    Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.

    Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.

    Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.

    Esegesi biblica

     

    Promessa dello Spirito Santo (16, 1-33)

    Come nei capitoli precedenti anche qui (vv. 1-10) Gesù fa una precisa profezia del futuro per rafforzare la fede dei suoi discepoli. Avvisati in anticipo, essi dovrebbero essere preparati per quello che sarà il destino della Chiesa. E Giovanni, attraverso questo discorso di Gesù, prolunga nel tempo della Chiesa questa persecuzione inerente alla condizione del discepolo. L’evangelista vive in un’epoca in cui i cristiani sono esposti a difficoltà estreme. Sono cacciati fuori dalle sinagoghe, messi a morte, e queste condanne contro di loro sono pronunciate da gente convinta di rendere culto a Dio (cioè la persecuzione con cui il mondo - pagano o giudeo - colpirà la Chiesa, avrà una motivazione religiosa). Attraverso questo brano si esprimono probabilmente situazioni concrete che la comunità cristiana di Giovanni vive alla fine del I secolo. Giovanni quindi pone sulle labbra di Gesù questo discorso che rispecchia i suoi tempi di persecuzione.

    Ma Gesù per la quarta volta ripropone la presenza del Paraclito-Consolatore come sostegno. È lui a vincere la lotta con il mondo difendendo Gesù e accusando gli avversari “quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio” (v. 11).

    -          Quanto al peccato, lo Spirito metterà in luce, attraverso la testimonianza vitale della Chiesa, che Cristo fu innocente e il mondo è colpevole, e il peccato del mondo è quello dell’incredulità “perché non hanno creduto in me” (3, 19-21; 15, 21-25).

    -          Quanto alla giustizia, Gesù con la sua glorificazione manifesterà la giustizia. Dio solo è Giusto perché è Dio. E Gesù con la sua risurrezione (segno di quella divinità) mostrerà anche lui la sua giustizia, cioè la sua divinità.

    -          Quanto al giudizio, il trionfo di Cristo segna la sconfitta definitiva di satana. Una parola, dunque, di speranza per i discepoli, ora oppressi e umiliati.

    Gesù (vv. 12-15) ha espresso l’essenziale della sua rivelazione, lo Spirito farà capire ciò che è avvenuto. Lo Spirito farà conoscere le cose future non predicendo l’avvenire o apportando una nuova rivelazione, ma chiarendo il mistero di Gesù. In conclusione, lo Spirito prosegue ciò che Cristo ha fatto: rivelare agli uomini il mistero di Dio. Essendo l’ultima parola di Dio agli uomini, Gesù rimane in parte un enigma per gli uomini, finché lo Spirito non ci apre all’intelligenza profonda del suo mistero.

    L’esperienza che i discepoli vivono ora (vv. 16- 24), nel momento del distacco, è di sofferenza, ma non è uno stato definitivo, perché la presenza di Gesù si riproporrà e allora sboccerà la gioia. Per descrivere questo ribaltamento del dolore in felicità, Gesù ricorre all’esempio della madre che partorisce, un’immagine applicata nell’AT all’éra messianica (Isaia 66, 7-9; 26, 17-19; le tribolazioni che precederanno la fine del tempo): alle doglie violente subentra la gioia per la nuova nascita. Alla prova che ora attanaglia il cuore dei discepoli succederà una gioia indistruttibile, legata alla nuova presenza di Gesù dopo la sua glorificazione.

    Con la morte e le risurrezione di Gesù (vv. 25- 33), i discepoli entrano nel tempo dell’intimità con Dio grazie allo Spirito (cfr. Ef 2,18). Grazie allo Spirito, ai credenti viene rivelato il senso dell’Incarnazione, che Gesù riassume nel v. 28: venuto da Dio, egli ha stabilito un legame con gli uomini; ritornando a Dio, ristabilisce questo legame con Dio.

    Il capitolo termina con l’affermazione della signoria di Gesù. Il v. 33 annuncia le tribolazioni che la Chiesa deve affrontare e la vittoria sicura poiché il Cristo “ha vinto il mondo”. Questa vittoria non è limitata a un momento determinato. Giovanni usa qui il perfetto del verbo greco che indica il permanere di un’azione avvenuta nel passato. Si potrebbe dire così: “Poiché io ho vinto il mondo, sono vincitore del mondo ora e sempre”.